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Crisi della democrazia, innovazione sociale e sviluppo dell'economia

Riflessioni sul saggio di Oriol Nel.lo, La Città in movimento. Crisi sociale e risposta dei cittadini, Edicampus Edizioni, Roma, 2016.

Giovanni Cafiero, Giugno 2017

Tra la dimensione sociale dell’economia e l’intreccio di istituzioni e società, si colloca l’interesse per questo libro che non si occupa direttamente di economia, ma indaga sulla crisi politico sociale che sta investendo molte città dell’area euro mediterranea.

La scoperta della questione urbana e metropolitana, e invero quella del dualismo urbano introdotta da Salvatore Cafiero, prende corpo come questione di interesse nazionale, perché già allora la terza industrializzazione aveva spostato nelle città l’attenzione a tutti quei “servizi fini” che erano rapidamente divenuti determinanti per l’industria nella competizione internazionale. Allo stesso tempo tale questione misura la sua imprescindibile importanza per la soluzione della Questione meridionale, perché il mancato sviluppo di questi servizi era lo specchio, la causa e il risultato di una dimensione ancora ancellare dell’industria meridionale.  Le industrie, grazie anche ai ricchi incentivi e sovvenzionamenti,  costruivano i loro stabilimenti al Sud, ma mantenevano (e mantengono) gli headquarters e la rete dei servizi a maggiore valore aggiunto nelle città del Nord.

Gli studi sull’economia dello sviluppo si sono a lungo cimentati anche nella ricerca delle leve fondamentali per disinnescare i fattori di sottosviluppo e di quelli necessari per innescare il volano dello sviluppo non assistito. Le carenze infrastrutturali ad esempio si possono colmare con programmi di investimento pubblici e privati nel quadro di una ponderata politica di sviluppo. Però è presto emerso come un fattore determinante la carenza di capitale sociale. Una risorsa che è parte integrante del dualismo tra Nord e Sud, tra sviluppo avanzato e ritardo di sviluppo: la capacità di collaborare per il bene comune.

Uno degli elementi fondamentali di un’economia dinamica e non dipendente dall’assistenza pubblica - peraltro oggi ormai poco proponibile, tra vincoli europei sulla concorrenza e problemi del debito pubblico -  è la capacità di collaborare che si instaura all’interno di un’organizzazione sociale, rafforzando il senso di comunità che persegue obiettivi comuni. Questo concetto è riassumibile nell’espressione capitale sociale, al centro della ricerca sui fattori essenziali dello sviluppo economico e civile. In termini più generali si può definire capitale sociale l’insieme di regole e comportamenti che facilitano la collaborazione all’interno di un’organizzazione o tra diverse organizzazioni in relazione tra loro.

La regolazione dei comportamenti è certamente frutto del patrimonio culturale relazionale di un sistema sociale. Altrettanto certo è che sul sistema di regole e comportamenti un ruolo essenziale, che può essere di natura incrementale ma anche dissipativa, è svolto dalle istituzioni.

Economisti dello sviluppo e storici dell’economia hanno da tempo dimostrato che il cambiamento istituzionale influenza l’evoluzione della società nel tempo, che le istituzioni influiscono sull’evoluzione delle attività economiche, che queste – quando sono in grado di coevolvere e rapportarsi in modo positivo con i bisogni in rapido mutamento della società e dell’economia - riducono l’incertezza dei rapporti sociali ed economici, possono abbassare i costi di transazione rendendo più favorevoli le condizioni per lo sviluppo degli scambi, garantiscono i diritti di proprietà. 

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